A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro
"Chiude trionfalmente viale Argonne": con queste parole l'urbanista
Marco Romano ben individua il carattere principale di questa chiesa sita nella
zona nord-est della nostra zona: la maestosità.
Essa può essere paragonata all'Altare della Patria che si trova nella
capitale: come quel monumento, infatti, anch'essa è visibile da molte
parti della città. Merito dell'alto tiburio bianco e rosso, che la rende
inconfondibile.
Ed un altro aggancio con Roma consiste nella dedicazione ai due martiri
Nereo ed Achilleo, vissuti alla fine del sec. III e morti durante la
persecuzione militare con cui si aprì l'"era dei martiri" dioclezianea. Essi
erano in forza presso il tribunale di un "tiranno", del quale applicavano gli
ordini di tortura e di esecuzione dei "ribelli" cristiani, finché, colpiti dal
coraggio e dalla costanza dei martiri cristiani, decisero di seguirne l'esempio.
Tornando alla nostra chiesa milanese, essa fu progettata nel 1937 e realizzata
dal 1938 al 1940 dall'ingegnere e architetto Giovanni Maggi (che nel 1927 aveva
progettato il Seminario Arcivescovile di Venegono Inferiore), con il contributo
dell'architetto Redaelli.
L'esterno è costituito da un grande portico quadrilatero in mattoni a vista,
su un lato del quale spicca una facciata sobria, anch'essa in mattoni a vista,
con al centro una fila di finestrelle sovrastate da una grande vetrata.
L'interno è a tre navate, separate da robuste colonne il cui capitello ha
una forma che richiama gli ingranaggi; non vi sono cappelle, ma le pareti laterali
ospitano parecchie vetrate. L'affresco sull'abside è opera di Vanni Rossi, cui
si devono pure il Sacro Cuore del Presbiterio e l'arco trionfale, mentre di
Pietro Fornari è il battistero.
L'opera d'arte nascosta in questa chiesa, tuttavia, si trova su un lato
dell'edificio principale, sulla sinistra, ed è la Cappella di Fatima.
Questo spazio è stato interamente affrescato da Vanni Rossi nel 1949, quindi
nel pieno della sua maturità artistica. Nato il 6 novembre 1894 a Ponte San
Pietro, in provincia di Bergamo, Giovanni Luigi Rossi (questo il suo nome
completo) fu allievo di Ponziano Loverini (noto pittore di Gandino che
fu direttore dell'Accademia Carrara di Bergamo dal 1899 al 1926), ed ottenne
una borsa di studio per l'Accademia Romana di pittura sacra per concessione di
Monsignor Radini Tedeschi, all'epoca vescovo di Bergamo. Nel 1920 fu chiamato
ad insegnare pittura nella scuola "Beato Angelico" di Milano, ove passò quattro
anni di intensa attività, restando per tutta la vita un maestro di arte sacra.
Morì a Milano nel 1973, lasciando parecchie testimonianze pittoriche nelle
chiese lombarde, sia sotto forma di affreschi che di quadri; ricordiamo la
chiesa di Santa Maria in Bustocco di Sotto il Monte (BG), la parrocchiale di
Dalmine (BG), il Santuario della Beata Vergine del Carmine a Rovello Porro (CO),
la chiesa dei Santi Pietro e Paolo a Cantello (VA) e il Santuario dei
Carmelitani a Legnano (MI).
La cappella sita nella chiesa di viale Argonne ha pianta rettangolare.
Sulla parete di fondo, dietro l'altare, ed inscritta in un arco di marmo
che riporta un brano del Rosario, si trova l'"Apparizione ai tre pastorelli".
Il soffitto, invece, è diviso in vari quadri tutti correlati alla tematica del
Paradiso, e separati tra loro da alberi stilizzati che rivestono la stessa
funzione anche sulle pareti laterali.
Su queste ultime è narrata la vita di Gesù: in particolare, sulla parete
destra, che inizia subito dopo uno sbalzo, si trovano nell'ordine l'Annunciazione,
la Natività, la Presentazione al Tempio e Gesù tra i Dottori. Girando in senso
antiorario (e saltando la parete di fondo, già descritta) sulla parete sinistra
si trova la Passione di Gesù, divisa in quattro quadri (l'Orto degli Ulivi, la
Flagellazione, Gesù schernito dai soldati, il Calvario).
A conclusione di tutta questa vicenda, girandosi con le spalle all'altare,
sulla parete di ingresso è possibile vedere una gigantesca crocifissione, in
cui sulla sinistra compaiono personaggi dell'epoca della realizzazione (tra cui
un benedicente Papa Pacelli) ed una iscrizione, che attesta la paternità
dell'opera, e che recita: «HOC SACELLUM MATRI CHRISTI FATIMAE DICATUM VANNI
ROSSI, ANGELI CAMPANINI MUNIFICENTIA, ANNO DOMINI MCMXLIX PINXIT», da cui
si deduce tra l'altro l'identità del benefattore che finanziò questa notevole
opera.